Riflessioni sulla crisi di Governo
Le ultime tre settimane sono state davvero convulse, segnate sia dal clima torrido, sia da un’atmosfera surreale determinata dall’apertura unilaterale della crisi di governo, lo scorso 8 agosto.
Negli ultimi giorni, i nostri avversari politici e gli ex partner di governo ci hanno tacciato di “tradimento”, di “inciucio”, di “manovre di palazzo”. Qualcuno ha evocato il “complotto”, qualcun altro le piazze.
Ma la crisi da chi è stata innescata? E su quali basi? Sulla dichiarata volontà di “capitalizzare il consenso”?
«Chi troppo vuole, nulla stringe», recita un antico proverbio. Ed è quello che, realmente, si sta verificando in questi ultimi giorni.
Per comprendere l’evoluzione degli eventi, bisogna valutare attentamente quanto dichiarato dal Presidente Mattarella alla fine del primo giro di consultazioni lo scorso 23 agosto. Nello specifico, in caso di crisi di Governo e prima di decretare lo scioglimento delle Camere [art. 88], «il Presidente della Repubblica ha il dovere, ineludibile, di non precludere l’espressione di volontà maggioritaria del Parlamento così come è avvenuto, del resto, anche una anno addietro, per la nascita del governo che si è appena dimesso». Quella di nuove elezioni è «una decisione da non assumere alla leggera, dopo più di un anno di vita legislativa, mentre la Costituzione [art. 60] prevede che gli elettori vengano chiamati al voto per eleggere il Parlamento ogni cinque anni», ha ricordato ancora il Presidente. Ma «il ricorso agli elettori è tuttavia necessario qualora il Parlamento non sia in condizione di esprimere una maggioranza di governo».
Com’è noto a tutti, nell’ultima decade si è stabilita un’interlocuzione tra il Movimento Cinque Stelle ed il Partito Democratico con l’intento di verificare la possibilità di determinare una nuova maggioranza tra le forze parlamentari per evitare il ricorso alle urne entro l’autunno, che pregiudicherebbe la corretta definizione della nuova legge di bilancio, con il grave rischio di aumento dell’IVA al 25,2% dal prossimo 1° gennaio 2020, non potendo neutralizzare le cosiddette “clausole di salvaguardia”.
So (sappiamo) bene che il PD è stato il nostro avversario storico e a molti appare surreale un’azione comune di governo. Tuttavia, il nostro alto senso di responsabilità istituzionale e la risolutezza nell’evitare, da un lato, una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea, dall’altro, una deriva sovranista, estremista e giustizialista per il Paese, ci ha spinti a tentare la definizione di un’intesa di governo di lunga durata, basata sull’omogeneità di precisi punti programmatici condivisi, sotto la guida, la supervisione e la garanzia del premier Giuseppe Conte, che ha saputo già dimostrare coerenza, coraggio e fermezza, a cui è stato affidato il compito di definire una “sintesi programmatica” delle istanze avanzate dalle forze politiche aderenti alla suddetta intesa.
La nostra azione di governo, fino alla crisi agostana, è stata caratterizzata da tante luci (decreti Dignità, Spazzacorrotti, Semplificazione, Reddito di Cittadinanza, ecc.) ma anche da qualche ombra: mi riferisco, in particolare, alla gestione dei rapporti di forza con i nostri ex partner di governo e all’approvazione di determinati provvedimenti. L’assunzione coerente delle nostre responsabilità sarà fondamentale per evitare che errori, omissioni, disattenzioni possano reiterarsi anche in futuro.
Allo stesso modo, è basilare ed urgente una discussione interna sui ruoli, sulla rendicontazione delle attività parlamentari ed istituzionali effettivamente svolte dai portavoce e sulle azioni concrete poste in essere nei territori di provenienza.
Su quest’ultimo punto, infatti, ho riscontrato la propagazione di un crescente malcontento provocato dallo scarso interesse mostrato per le problematiche delle aree interne e periferiche e dalla sempre più limitata partecipazione agli eventi locali. Personalmente, nonostante i numerosissimi impegni istituzionali, ho tenuto sempre vivo il contatto con la nostra base, che ritengo fondamentale per una corretta azione politica e per la risoluzione delle istanze avanzate dai gruppi locali.
Sono (siamo) in Parlamento per tentare di garantire un futuro migliore all’Italia e alle nuove generazioni. Questo è l’impegno che abbiamo assunto innanzi ai cittadini e per il quale siamo stati eletti grazie alla loro fiducia. Di tanto in tanto, quindi, un bagno d’umiltà farebbe davvero bene a tutti.
Allo stesso modo, urge una seria ed urgente riflessione sulle indiscrezioni che si susseguono nelle ultime ore relative alle probabili nomine, nel costituendo esecutivo – soprattutto nei sottosegretariati – di ex parlamentari dem non rieletti alle ultime elezioni politiche del 2018, assenti dai territori da quasi un anno e mezzo a seguito della pesante sconfitta elettorale subìta.
Ci hanno tacciati (e continuano a farlo) di essere “incollati” alle poltrone. Per quanto mi riguarda, non ho alcun timore per la potenziale cessazione anticipata della legislatura. Difatti, quando terminerò il mandato parlamentare riprenderò il mio lavoro con la dedizione di sempre, nella convinzione di aver reso un servizio al mio Paese con onore, onestà, coerenza ed impegno.
Negli ultimi mesi, ho notato, con dispiacere, la disaffezione di molti Attivisti, anche tra quelli della prima ora, ai quali se ne sono aggiunti altri da me ritenuti pseudo-tali, che hanno ruotato intorno al MoVimento per puro edonismo, senza mai essere spinti da reali volontà e da azioni concrete.
Vorrei cercare di rassicurare personalmente i primi, i miei compagni di tante battaglie, nelle piazze, nei mercati, sempre tra la gente e per la gente: non farò mai parte di quella “politica” che pensa agli interessi personali o di parte, ma m’impegnerò fino all’ultimo minuto del mio mandato parlamentare a tutelare i diritti dei cittadini, soprattutto di quelli in difficoltà. Spero che dopo questo primo momento di rabbia e di disorientamento vorranno condividere, nuovamente, con tutti noi quel percorso di cambiamento iniziato anni addietro, con rinnovato interesse e maggiore vigore.
Per i secondi, faccio una breve riflessione conclusiva.
Difatti, molti di essi, che si spacciavano per “ortodossi”, “puristi”, avevano già ‘macchiato’ la loro credibilità per aver votato il centro-destra alle scorse Europee, sbandierando anche sui social questa loro scelta “di protesta”. L’avvicinamento tra M5S e PD è servito solo come ulteriore sprone per innescare polemiche e rovesciare fango ed insulti sul nostro progetto politico e su quanti, come me, hanno promesso ai cittadini fedeltà, rispetto e coerenza. Peculiarità, a quanto pare, del tutto ignote agli “ortodossi” rinnegati!
Non so come andrà a finire questa trattativa per la formazione di un nuovo governo. Tuttavia, con le giuste garanzie e con un programma serio e condiviso credo valga, davvero, la pena di tentare.